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Famiglie arcobaleno

di Paolo Legrenzi

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3 ottobre 2009

In queste settimane il Senato dell'Uruguay, dopo aver legalizzato le unioni civili tra persone dello stesso sesso nel 2007 – come è già avvenuto in alcuni stati del Messico, dell'Argentina e del Brasile – sta approvando la possibilità di adozione da parte di coppie omosessuali.
Il ministro della Giustizia bavarese Beate Merck ha reso ufficiale, poche settimane fa, il ritiro del ricorso alla Corte costituzionale contro la Stiefkind-adoption, una legge nazionale che permette l'adozione di bambini da parte di coppie omosessuali. Il ritiro è stato deciso dopo un esame accurato della letteratura scientifica. In Germania sono 2.200 circa i bambini adottati da "famiglie arcobaleno".
Negli Stati Uniti sono 270mila i bambini che vivono con genitori dello stesso sesso, le cui unioni sono protette nei diritti civili e contro le discriminazioni sul lavoro.
Questi sono gli effetti di un'onda lunga di studi e ricerche iniziata negli Stati Uniti decenni fa e sviluppatesi poi in altri paesi (per il documento più recente, cfr www.scotland.gov.uk/socialresearch).

Già nel 2006, «Current Directions in Psychological Science», la rivista ufficiale degli psicologi statunitensi, pubblicava una documentata rassegna di Charlotte Patterson dal titolo Children of Lesbian and Gay Parents. L'autrice, alla luce di ricerche metodologicamente complesse ma assai dettagliate e rigorose, conclude che «per i bambini non è importante il sesso dei genitori ma la qualità delle relazioni familiari». Gli studi longitudinali non si sono concentrati sulle coppie omosessuali. Hanno esaminato per lunghissimi periodi ogni tipo di coppia e gli effetti sulle generazioni successive.
Le associazioni americane dei pediatri e dei medici, ma anche quella più tradizionale degli avvocati, da tre anni hanno fatto loro questa prova, ancora dibattuta presso l'opinione pubblica. È diffuso lo stereotipo che un matrimonio "buono", per lo meno in relazione all'allevamento dei figli, debba avere una «indole eterosessuale». La diffusione di tale pregiudizio, come documentano le numerose ricerche citate, è l'unico vero ostacolo per queste famiglie e i loro figli.

La conclusione scientifica di Charlotte Patterson è stata ribadita in una relazione ufficiale dell'Apa (American Psychological Association), adottata nell'ultimo congresso. Il fatto che sia una relazione approvata ufficialmente da tutti gli scienziati è rilevante per le dispute giuridiche.
Fin da una famosa sentenza del 1944 (Prince v. Massachussets), il giudice della Corte Suprema Byron White decretò che la famiglia è una realtà in cui «lo stato non può entrare». Tutte le recenti sentenze hanno distinto il diritto all'educazione dei figli dalle funzioni riproduttive, conferendo lo stato di genitori a coppie con figli ottenuti anche in modi "non-tradizionali".
Speriamo che anche nel nostro paese i politici si documentino prima di prendere posizione e, soprattutto, prima di prendere decisioni in materia.

3 ottobre 2009
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